La chiusura anticipata della procedura esecutiva immobiliare.
L’istanza al Giudice dell’Esecuzione.
L’articolo 164 bis, inserito nelle disposizioni di attuazione del codice di rito ad opera dell’art. 19, co. 2, lett. b), d.l. 12 settembre 2014, n. 132 (conv. con modific. in l. 10 novembre 2014, n. 162), stabilisce che :
«Quando risulta che non è più possibile un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo».
La norma testè citata, entrata in vigore il giorno 11 settembre 2014, risulta applicabile anche ai procedimenti pendenti a quella data: essa consente al giudice dell’esecuzione di disporre la chiusura anticipata per infruttuosità della procedura esecutiva, indipendentemente dalla volontà del creditore.
Prima dell’entrata in vigore di tale disposizione non era contemplata, nel nostro sistema giuridico, una ipotesi tipica di chiusura anticipata della procedura esecutiva per impossibilità di liquidazione dei beni immobili pignorati.
La giurisprudenza di merito, accanto ad ipotesi tipiche, di chiusura anticipata della procedura esecutiva, quali
- la rinuncia agli atti esecutivi (art. 629 cpc);
- l’ inattività delle parti (art. 630 cpc);
- la mancata comparizione a due udienze consecutive (art. 631 cpc);
- il mancato esperimento della pubblicazione della vendita sul portale delle vendite pubbliche (art. 631 bis p.c.)
per lo più riconducibili all’inattività delle parti o alla mancanza di volontà di portare a termine la procedura esecutiva avviata, aveva previsto o coniato ipotesi atipiche di chiusura anticipata della procedura esecutiva.
Tale prassi giurisprudenziale era stata fortemente criticata dalla Corte di Cassazione, che riteneva tassative le ipotesi di estinzione del processo esecutivo, individuate attraverso l’estensione al processo esecutivo, delle ipotesi di estinzione tipica contemplate dall’art. 306 c.p.c. per il processo di cognizione. Sebbene con il tempo, la Cassazione avesse consentito la chiusura anticipata della procedura esecutiva, al di fuori delle ipotesi tassativamente indicate ricorrendo ad interpretazione estensiva di norme già esistenti, tuttavia, anche in questi casi, era d’obbligo, per il Giudice dell’esecuzione prendere in considerazione la volontà dei creditori procedenti.
L’art. 164 bis disp. att. non presidia, dunque, l’interesse del debitore ad evitare una vendita forzata per un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato, ma tutela l’esigenza (pubblicistica) alla ragionevole durata del processo e quella (privatistica) alla funzionalità (recte fruttuosità) dell’espropriazione.
L’art. 164 bis delle disposizione attuative del cpc si presenta quindi come una norma che colma un vuoto legislativo, in quanto oltre ad introdurre un’altra
ipotesi tipica di chiusura anticipata della procedura, prescinde dalla volontà dei creditori.
In realtà di recente sul punto vi è stata una diversa interpretazione della giurisprudenza di (Trib. Santa Maria Capua Vetere, sent. 28 aprile 2015 :Esecuzione per obbligazioni pecuniarie – Espropriazione immobiliare – Infruttuosità della procedura – rdinanza di chiusura anticipata del processo – Reclamo – Inammissibilità) confermata anche da decisioni della Corte di Cassazione. Si è sostenuto che l’art. 164 bis citato non introdurrebbe una ipotesi tipica di estinzione della procedura esecutiva ma una ipotesi di improseguibiità della procedura . La differenza non è di poco conto se si considera che le ordinanze di estinzione o il rigetto delle istanze di estinzione, sono reclamabili al Collegio mentre le ordinanze di improseguibilità della procedura esecutiva sono soggette all’impugnazione di cui all’art. 617 cpc (opposizione agli atti esecutivi).
Resta da vedere se la magistratura procederà ad una copiosa applicazione della norma in commento impedendo che resti lettera morta.
Infatti a distanza di circa tre anni dall’introduzione della disposizione citata, sebbene non manchino sentenze di accoglimento di istanze formulate dai debitori per ottenere la chiusura anticipata di procedure esecutive pendenti da decenni, ancora poche appaiono le ordinanze di accoglimento dei giudici dell’esecuzione.
E’ facile comprenderne la ragione. Addivenire ad una chiusura anticipata della procedura esecutiva, senza aver tentato l’impossibile per consentire la liquidazione del patrimonio immobiliare del debitore, viene erroneamente considerato un ulteriore danno per i creditori, che vedrebbero vanificata la propria aspettativa di recuperare parte del credito. In realtà non solo la prosecuzione della procedura non offre garanzie in tale senso, ma finisce per aumentare il danno subito dai creditori in conseguenza dell’inadempimento del debitore, in quanto le procedure esecutive immobiliari sono costose e tali costi sono sopportati, in gran parte, proprio dai creditori procedenti.
Inoltre consentire il proseguimento di procedure esecutive fino ad arrivare a porre in vendita beni immobili a prezzi irrisori è, non solo iniquo, ma una operazione economicamente errata e controproducente. La presenza sul mercato di innumerevoli immobili, di valore intrinseco superiore, ma offerti a prezzi modici, altera le dinamiche del mercato immobiliare, finendo per determinare una svalutazione di tutti gli immobili sul mercato.
L’offerta supera di gran lunga la domanda, determinando gli “inveduti”.
Se a questo si aggiunge che l’acquisto di un bene all’asta implica delle incognite, diventa sempre più improbabile che le procedure esecutive, non conclusesi in tempi brevi, possano garantire il soddisfacimento delle pretese creditorie.
L’impatto sociale, poi, di una procedura, che dopo anni, sottrae alle famiglie gli immobili pignorati, è considerevole. Si impedisce al tessuto sociale, fortemente colpito dalla crisi economica, di risanarsi dall’interno. Si creano nuovi poveri che difficilmente potranno rimpolpare le proprie finanze in tempi brevi.
Inoltre lo scoraggiamento conseguente alla perdita della casa familiare viene vissuto come una sconfitta non agevolmente superabile.
L’introduzione dell’art. 164 bis delle disposizioni attuative del cpc va quindi considerata favorevolmente, a patto che la magistratura, ferma restando la valutazione caso per caso, applichi la norma rispettando i principi della ragionevole durata del processo e contemperando tutti gli interessi in gioco.
Benevento, 27/04/2016 Avv. Filomena Iervolino