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Responsabilità sanitaria

responsabilità sanitaria

Responsabilità sanitaria .

Evoluzione.

La disciplina concernente la responsabilità sanitaria è mutata nel tempo.

Inizialmente era obbligatorio agire penalmente nei confronti del medico che si fosse reso responsabile di danni al paziente.

il giudizio penale, secondo la precedente disciplina, era infatti, pregiudiziale a quello civile.

il nuovo codice di rito penale ha, invece sancito l’affrancamento del giudizio civile da quello penale, che ha continuato a svolgere, in tale ambito, una funzione prevalentemente sanzionatoria.

il processo civile ha invece, assunto il compito di garantire un adeguato risarcimento alla vittima di malpratica medica ed a compensare il pregiudizio psicofisico subito dal paziente.

Da qui è partito un processo lento che ha eroso progressivamente le tutele offerte alla classe medica.

La Giurisprudenza ha avviato la costruzione di un nuovo modello di responsabilità che coinvolgesse la struttura ospedaliera.

Inizialmente, l’illecito veniva qualificato come di tipo aquiliano e sanzionato ex art. 2043 c.c.. con tutte le conseguenze che l’applicazione di tale normativa comportava.

Infatti l’art. 2043 c.c. imponeva l’onere probatorio a carico del paziente.

Quest’ultimo avrebbe avuto l’arduo compito di provare la responsabilità del medico (il dolo, la colpa, il nesso causale tra l’evento e la condotta del medico), senza avere alcuna prossimità alla documentazione che forniva dati in tal senso.

Inoltre il termine quinquennale di prescrizione, contemplato da tale normativa, non consentiva di poter agire tempestivamente per il risarcimento dei danni.

Molte volte i pazienti erano ignari della responsabilità del medico nei danni subiti, e quando acquisivano coscienza di tale coinvolgimento, il termine di prescrizione risultava ampiamente decorso.

Inoltre i medici, solo in casi di macroscopica evidenza, rispondevano per colpa lieve, in genere la loro responsabilità veniva riconosciuta solo in caso di dolo o colpa grave.

Questo modello di responsabilità si è ben presto rilevato non in grado di soddisfare la sete di giustizia a fronte di casi clamorosi di mala sanità.

Gradualmente, la giurisprudenza ha elaborato un modello di responsabilità medica che ricalcando la responsabilità di natura contrattuale offriva al paziente maggior tutela, invertendo l’onere probatorio e consentendo il coinvolgimento della struttura ospedaliera.

Ne è derivata l’applicazione di un termine prescrizionale più lungo e cioè quello ordinario decennale.

La natura contrattuale della responsabilità civile della struttura sanitaria (sia essa pubblica o privata) alla quale il paziente si sia rivolto per ottenere prestazioni di carattere sanitario, sia del medico che dette prestazioni abbia concretamente rese, è stata affermata autorevolmente dalle Sezioni Unite della Suprema Corte giusta sentenza N. 577/2008.

Si tratta di una pronunzia che sembra aver definitivamente risolto i preesistenti conflitti giurisprudenziali in tema di inquadramento giuridico della responsabilità medica.

Si è cercato poi di ridurre la rilevanza penale delle condotte dei medici, attraverso il c.d. decreto Balduzzi (decreto legge n. 158/2012 convertito nella legge 189/2012) che ha messo a riparo la classe medica da aggressioni giudiziarie dei pazienti, blindando la loro condotta, attraverso la previsione di linee guida, cui medici avrebbero dovuto attenersi.

Infatti ai sensi dell’art. 3, comma 1, del citato decreto, stabilisce che “ … L’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, non risponde personalmente per colpa lieve” .

Sebbene tale articolo richiami poi per la responsabilità civile l’art. 2043 c.c. la giurisprudenza è ormai unanime nel ritenere come contrattuale la natura della responsabilità anche del medico.

Tuttavia gli aspetti negativi di tale normativa si sono ben presto rivelati. I medici preoccupati di incorrere in procedimenti penali coinvolgenti la propria responsabilità, hanno finito per avere un atteggiamento eccessivamente prudente, tutte le volte in cui il caso concreto suggeriva di andare oltre il rispetto delle linee guida.

Questa normativa pertanto frustra l’iniziativa del medico, che piuttosto che rischiare una manovra azzardata, salvando la vita al paziente, si limita a seguire le linee guida per non incorrere in responsabilità penale.

Avv. Filomena Iervolino

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