monica
06/05/2017
Blog, Docet
Del Diritto
“Il diritto, fino a che nessuno lo turba e lo contrasta, ci attornia invisibile ed impalpabile come l’aria che respiriamo:
inavvertito come la salute, di cui si intende il pregio solo quando ci accorgiamo di averla perduta.
Ma quando il diritto è minacciato e manomesso,
allora esso,
scendendo nel mondo dei sensi dal mondo astrale
in cui riposava in forma di ipotesi,
si incarna nel giudice e diventa espressione concreta di volontà operativa attraverso la sua parola.
Il giudice è il diritto fatto uomo;
solo da questo uomo io posso attendermi nella vita pratica quella tutela che in astratto la legge mi promette:
solo se questo uomo saprà pronunciare a mio favore la parola della giustizia, potrò accorgermi che il diritto non è un’ombra vana.
Per questo si indica nella iustizia, non semplicemente nel ius, il vero fundamentum regnorum:
perché se il giudice non è desto,
la voce del diritto rimane evanescente e lontana come le irraggiungibili voci dei sogni.
Non mi è dato incontrare nella strada che io percorro, uomo tra uomini nella realtà sociale, il diritto astratto, che vive solo nelle regioni sideree della quarta dimensione:
ma ben mi è dato incontravi te, o giudice, testimonianza corporea della legge, dalla quale dipende la sorte dei miei beni terreni.
Come non amarti,
quando so che quella assistenza continua ad ogni mio atto,
che il diritto mi promette, può attuarsi nella realtà solo attraverso l’opera tua?
Quando ti trovo sul mio cammino e mi inchino a te con reverenza, c’è nel mio saluto una dolcezza di riconoscenza fraterna.
Io so che di tutto quello che mi è intimamente più caro, tu sei custode e garante: in te saluto la pace del mio focolare, il mio onore e la mia libertà”.
Piero Calamandrei.